Visita al Museo del Deportato di Carpi
Il Museo del Deportato di Carpi, per esteso Museo Monumento al Deportato,
nasce in stretto legame con il campo di concentramento e transito di Fossoli, di cui parlo nel seguente articolo:
E’ sito al piano terra del Palazzo dei Pio, in pieno centro a Carpi ed è stato inaugurato nel 1973.
L’esigenza di realizzare il museo parte dal basso, è chiesto esplicitamente dalle persone. I sopravvissuti, la comunità ebraica, le famiglie dei deportati avevano capito l’importanza di divulgare ciò che era avvenuto a più persone possibile.
Era fondamentale che la gente sapesse, che si rendesse conto, di quanto brutale, insensata e mostruosa fosse stata la prigionia e la morte di persone che come colpa avevano solo quella di essere nate ebree, handicappate, omosessuali, zingare o semplicemente la pensavano diversamente da chi era al potere.
Museo del Deportato di Carpi – Visita
Il primo passo verso la creazione del Museo del Deportato di Carpi, avvenne nel 1955. In occasione del decennale della liberazione, viene allestita una mostra: per la prima volta vengono presentate immagini e documenti che illustrano gli scenari trovati al momento della liberazione.
La cosa genera sconcerto, clamore, paura, orrore. La gente di allora non era preparata a vedere cose del genere, ed erano in molti a non sapere realmente quello che fosse successo.
La mostra fa il giro d’italia, richiamando migliaia di persone ogni volta.
Si comincia a sentire l’esigenza di creare qualcosa di perenne e diventa necessario realizzare una sede fissa che potesse ospitare il materiale raccolto e che fosse in grado di raccontare anche alle future generazioni ciò che accadde in quei luoghi infernali.
Il museo del deportato di Carpi fu progettato dallo Studio di Milano BBPR. Erano un gruppo di architetti, chi più chi meno, coinvolti emotivamente in ciò che era successo. Avevano vissuto la deportazione o l’internamento per motivi politici e militari.
Tra i loro lavori, anche il Monumento alle vittime dei lager nel cimitero monumentale di Milano e l’installazione del padiglione italiano ad Auschwitz.
Assieme a loro collaborano artisti dell’epoca, anch’essi coinvolti più o meno direttamente.
Infatti, all’interno del museo, troverete opere graffite di Picasso, Renato Guttuso, Alberto Longoni ed altri ancora.
Il museo del deportato di Carpi non è un museo didascalico, ma è più emozionale. Trasmette messaggi universali, validi per chiunque in qualsiasi momento.
E’ in grado di creare atmosfere che inducono il visitatore a viverlo in maniera autonoma, facendolo riflettere sui messaggi che vengono inviati, con foto, oggetti e frasi alle pareti (tutte scritte da ex prigionieri e condannati a morte della resistenza europea). Testimonianze dirette di chi ha perso la vita in quelle esperienze.
Da queste frasi emerge sia il tema della morte, che quello della rinascita, della speranza. Chi scrive si rivolge alle future generazioni.
E’ dura trattenere le lacrime, e a dire il vero non ci sono riuscita. Le frasi che colpisco di più, almeno per quanto mi riguarda, sono quelle relative ai nuclei familiari, madri che avrebbero voluto veder crescere i propri figli, mogli che per giorni cercano fra mucchi di cadaveri il corpo del marito, padri che danno consigli ai propri figli, nella speranza che vengano letti.
E’ straziante, non trovo altro modo per comunicare il mio dolore, che mi avvolge anche adesso che sto scrivendo.
Il museo è composto da diverse stanze, tutte con graffiti, frasi sui muri (nei punti tondi scuri vi è il nome di chi l’ha scritta) e teche, contenenti oggetti, fotografie e documenti ritrovati o donati dai familiari delle vittime e sopravvissuti.
Tra le frasi più significative, ricordo quella all’ingresso, scritta dal drammaturgo tedesco Bertold Brecht (è la prima foto all’interno dell’articolo), e quella di Odoardo Focherini.
Quest’ultimo, arrestato nel 1944 e successivamente deportato in un campo in Germania (dove purtroppo morirà), aveva aiutato oltre un centinaio di ebrei falsificando i loro documenti perchè potessero fuggire. La sua colpa è stata solo quella, ma non c’è rimorso nelle sue parole, ma solo il rammarico per non essere riuscito a salvarne di più.
Focherini era inizialmente un sostenitore del fascismo e come tanti si è ricreduto strada facendo.
Tra le ultime cose che la bravissima guida ci ha raccontato è il perchè venisse fornito ai prigionieri un berretto.
All’interno dei campi veniva data solo la divisa. Niente biancheria intima. Se si dimagriva si andava in giro nudi, perchè i pantaloni non stavano più su. Però si aveva il berretto: per poterselo togliere in segno di rispetto davanti ai propri carnefici.
Usando le parole di Primo Levi, mi chiedo ‘se questo è un uomo’.
orari e giorni di visita del Museo Monumento al Deportato di Carpi
Aperto tutto l’anno dal venerdì alla domenica, oltre ai giorni festivi, rispettando il seguente orario: dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.
Chiuso il 25 dicembre ed il 1° gennaio.
Ulteriori informazioni sul sito www.palazzodeipio.it/museo-al-deportato
oppure www.fondazionefossoli.org/it/museo
Ringrazio sentitamente le guide Nadia e Biagio per la loro altissima preparazione. La passione che mettono in questa attività è il loro punto di forza.